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Biografia di Niccolò Machiavelli |
Politico - Storico - Letterato
Niccolò Machiavelli apparteneva a una famiglia di magistrati a Firenze, tuttavia visse di un modesto patrimonio e studiò a casa sotto la guida di un maestro Matteo.
Nel maggio 1498 entrò nella carriera politico-diplomatica e fu nominato segretario della seconda cancelleria. Il suo primo scritto di materia politica è il “Discorso fatto al Magistrato dei Dieci sopra le cose di Pisa”. Nel 1499 ebbe due legazioni di non grande importanza, connesse alle esigenze della guerra di Pisa, presso Iacopo IV Appiani signore di Piombino e presso Caterina Sforza Riario; nel maggio dell'anno successivo fu inviato con incarichi più delicati alla corte di Francia e rimase lontano da Firenze per sei mesi. Tornato in patria ebbe varie altre missioni diplomatiche in Toscana. Nell'anno 1503 scrisse “Del modo di trattare i popoli della Val di Chiana ribellati”, dove, nel disapprovare le debolezze della Signoria, il Machiavelli per la prima volta si rifece all'esempio di Roma antica.
Morto intanto papa Alessandro VI, dopo il brevissimo pontificato di Pio III, venne assunto al soglio pontificio Giulio II. Il Machiavelli fu mandato a Roma. Dopo la disfatta francese al Garigliano fu inviato una seconda volta in Francia, da dove ritornò nel marzo 1504. Nel 1506 si dedicò con grande passione alla difficile questione del riordinamento delle milizie fiorentine, e fu nominato cancelliere dell'ufficio dei Nove dell'ordinanza. In quell'occasione scrisse il “Discorso dell'ordinare lo Stato di Firenze alle armi” e il “Discorso sopra l'ordinanza e milizia fiorentina”, nei quali è dimostrata la necessità di sostituire alle milizie mercenarie quelle cittadine. Alla fine del 1507 andò presso l'imperatore Massimiliano I: soggiornò specialmente in Svizzera e Tirolo e dalle osservazioni sui costumi tedeschi ricavò l'acuto “Rapporto delle cose d'Alemagna”. Presso l'imperatore stette sino al 1508.
Nel 1509 presente alla resa di Pisa fu tra coloro che sottoscrissero l'atto di sottomissione; si recò poi a Mantova e a Verona dopo la disfatta di Agnadello in legazione presso l'imperatore Massimiliano. Il Machiavelli partì poi per la Francia: le osservazioni sulla politica e i costumi francesi si trovano nel “Ritratto di cose di Francia”.
Intanto la situazione di Firenze peggiorò: dopo la battaglia di Ravenna gli Spagnoli marciarono sulla città e a Prato le milizie, alla cui organizzazione tanto si era prodigato il Machiavelli, si dispersero. Il 16 settembre 1512 la repubblica cadde. Il Machiavelli venne allontanato dai suoi uffici, ma sospettato di complicità nella congiura di Pietro Paolo Boscoli nel febbraio 1513 fu per breve tempo imprigionato. Fu condannato al confino: si ritirò allora nella sua casa dell'Albergaccio a Sant'Andrea in Percussina presso San Casciano.
Nel 1513 aveva cominciato i “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio” la cui stesura si protrasse fin verso il 1519; di getto nello stesso anno 1513 scrisse “Il principe”. In queste due opere si trova il pensiero dello scrittore nella forma più matura e vigorosa. Argomento dei Discorsi è l'analisi delle leggi che reggono la politica in una repubblica, tenendo conto della grande lezione degli antichi Romani; nel Principe è affrontato il problema della fondazione del principato e dei modi di conservarlo. Tenendo presente la situazione politica d'Italia “Il principe” venne dunque scritto come libro di politica militante, ma poneva anche i princìpi fondamentali della sua dottrina: indipendenza della politica dalla morale e riconoscimento delle dure leggi della politica.
Quando il confino divenne meno rigoroso, il Machiavelli poté recarsi a Firenze: lì il Machiavelli scrisse il “Dialogo intorno alla nostra lingua”, nel quale, con grande originalità di vedute, sostenne la tesi della fiorentinità della lingua e presentò anche i “dialoghi dell'Arte della guerra”, scritti più tardi fra il 1519 e il 1520. Degli anni successivi al ritorno dei Medici sono il poemetto “L'Asino d'oro”; i “Capitoli”; la traduzione dell'Andria di Terenzio; la novella di Belfagor arcidiavolo; la Mandragolae forse la Clizia rappresentata però soltanto nel 1525. Dal 1520 poté tornare a vivere tranquillamente a Firenze. Compose il Sommario delle cose della città di Lucca e a sua Vita di Castruccio Castracani.
Su invito del cardinale Giulio de' Medici, il futuro Clemente VII, stese il “Discorso sulle cose fiorentine dopo la morte di Lorenzo” o Discorso sopra il riformare lo stato di Firenze, nel quale è abbozzata una costituzione che, lasciando formalmente intatti gli istituti repubblicani, dava però il governo dello Stato in mano ai Medici. Ancora nel 1520 venne stipendiato per due anni per scrivere la storia di Firenze. Le “Istorie fiorentine” vennero presentate dall'autore, recatosi espressamente a Roma nel maggio 1525, a Clemente VII, al quale, durante il soggiorno romano, il Machiavelli propose anche di tentare in Romagna un arruolamento conforme a quello da lui sperimentato con l'"Ordinanza della milizia". A tal fine fu mandato presso il Guicciardini, che giudicò irrealizzabile il piano dell'amico. L'anno seguente fu nominato provveditore e cancelliere dei Procuratori delle mura, una magistratura che avrebbe dovuto provvedere alla difesa di Firenze. Nel 1527, dopo la cacciata dei Medici da Firenze e la breve instaurazione della Repubblica, sperò di avere un incarico nel nuovo governo, ma ciò non avvenne.
Dopo breve malattia la morte lo colse il 21 giugno.
Frasi Celebri di Niccolò Machiavelli
- Paura:
- Dal momento che l'amore e la paura possono difficilmente coesistere, se dobbiamo scegliere fra uno dei due, è molto più sicuro essere temuti che amati.
- Bontà/Malvagità:
- Gli uomini non buoni temono sempre che altri non operino contro di loro quello che pare loro meritare.
- Politica:
- Governare è far credere.
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Data creazione biografia:
7 novembre 2005
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